Il caso di spionaggio Paragon dimostra abusi e incompetenza dello Stato
La ragion di Stato perde valore di fronte a questi scandali imbarazzanti
Negli ultimi tempi, in Italia e in Europa, stiamo assistendo a una sorta di revival delle spy stories, che ci riportano al periodo della cortina di ferro, quando lo spionaggio governativo era all’ordine del giorno. Certo, le attività di spionaggio non sono mai davvero scomparse: sono semplicemente cambiati i metodi e la visibilità di queste azioni.
Da buoni primo-repubblicani, sappiamo bene che il dossieraggio e la raccolta di informazioni sono pratiche vecchie come il cucco. Dai “fascicoli SIFAR” del generale Giovanni De Lorenzo, passando per l’Operazione Gladio, la P2, l’archivio dell’“Ufficio Affari Riservati” del Ministero dell’Interno, fino al caso ECHELON, il sequestro di Abu Omar, i dossier del “Nigergate”, lo scandalo Telecom-SISMI, l’Operazione “Farfalla”, il caso “EyePyramid”, lo spyware “Exodus”... e chi più ne ha, più ne metta.
Oggi però concentriamoci sull’episodio più recente. Sicuramente avrete letto del nuovo scandalo legato al caso Paragon: lo spyware installato nei telefoni di 90 giornalisti in tutto il mondo.
Cos’è Paragon e cosa fa il suo software: Paragon Solutions è un’azienda israeliana che vende un programma‑spia chiamato Graphite. È un “virus” invisibile che può entrare nel telefono (anche senza che tu faccia clic su nulla) e leggere messaggi, ascoltare l’audio, accendere alla videocamera: in pratica ti mette sotto sorveglianza completa.
C’è un però. Graphite può essere acquistato solo da governi, per di più occidentali. Il governo italiano, come altri in Europa, lo aveva acquistato.
A inizio febbraio, però, qualcosa si è incrinato. WhatsApp e Apple hanno avvertito sette utenti italiani di essere stati presi di mira da un attacco “sofisticato e sponsorizzato da un governo”. Tra loro non c’erano boss latitanti, ma Francesco Cancellato e Ciro Pellegrino (venuto fuori recentemente), giornalisti di Fanpage; Luca Casarini e altri volontari di Mediterranea Saving Humans noti per salvare migranti nel Mediterraneo .
Fanpage è diventata molto nota per la sua inchiesta Gioventù Meloniana. L’inchiesta ha visto una giornalista infiltrarsi sotto copertura all'interno di Gioventù Nazionale, l'organizzazione giovanile di Fratelli d'Italia. Durante questo periodo, ha seguito i giovani militanti partecipando a eventi come feste di partito, inaugurazioni di sedi e vacanze comunitarie. L'indagine ha rivelato che, lontano dagli occhi dei media, alcuni membri si abbandonavano a saluti e canti fascisti, espressioni di apologia del terrorismo nero e l'uso di simbologie naziste.
Se posso dire la mia, queste persone menzionate come vittime di spionaggio, non suscitano in me nessun rischio di attentato alla sicurezza della Repubblica. Al massimo alla sicurezza dei circoli giovanili di Fratelli d’Italia.
Un altro caso interessante è venuto a galla scoperto dall’ottima pagina Osservatorio sul complottismo su X: lo stesso messaggio di allerta, comparso sul proprio device, è stato ricevuto anche da Eva Vlaardingerbroek.
Eva è una nota commentatrice e attivista di estrema destra: sostiene la teoria della "grande sostituzione" e l’ideologia della remigrazione. Insomma, il profilo è chiaro.
A questo punto potreste chiedervi: cosa c’entra? Ebbene, l’attivista trascorre molto tempo in Italia, è sposata con un italiano e ha espresso più volte il suo sostegno a Matteo Salvini. In breve, è facile intuire come possa risultare una figura scomoda, in questo caso però sul versante destro (e decisamente estremo) dello scacchiere politico.
Quindi cosa è successo?
Paragon, colta in flagrante violazione delle proprie “clausole etiche”, ha annunciato di aver stracciato il contratto con Roma.
Palazzo Chigi ha replicato che il contratto non è mai stato interrotto e, soprattutto, che nessun organo statale ha spiato civili innocenti. Nel frattempo il COPASIR, il comitato parlamentare che vigila sui servizi segreti, ha aperto audizioni con Google, Meta e Citizen Lab, mentre il governo ha opposto – almeno in parte – il “segreto di Stato”.
Intanto le vittime presentano esposti: il sindacato dei giornalisti (Fnsi) ha depositato una denuncia in procura, accusando l’esecutivo di violazione di domicilio digitale e di libertà di stampa. Amnesty International e Citizen Lab parlano di “crisi europea dello spyware” e di almeno 90 infezioni in 24 Paesi.
Il governo ha fornito chiarimenti solo parziali sullo spionaggio con il malware Graphite: il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano ha escluso il coinvolgimento illecito dei servizi segreti ma non ha potuto escludere che lo spyware sia stato usato «da un corpo di polizia giudiziaria».
Quindi, in base alle informazioni raccolte finora, l’acquirente italiano di Graphite è probabile che sia stato un reparto di polizia giudiziaria – ovvero, uno di quei corpi (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza o Polizia penitenziaria) ai quali le procure possono affidare le indagini. Su questo punto, però, non esistono ancora conferme definitive. È invece assodato che l’altro committente sia stato l’AISE. Il governo, tuttavia, ha negato qualsiasi utilizzo illecito da parte dei servizi esterni.
L’impiego di software spia come Graphite da parte di servizi di intelligence e reparti investigativi — quasi sempre messi a punto da società statunitensi, britanniche o israeliane — è cosa nota e, in teoria, rassicurante: dovrebbe servire a sventare reati e a raccogliere informazioni riservate per la tutela del Paese.
Qui su Aletheia, la sicurezza della Repubblica è una cosa seria. Con la ragion di stato non si scherza.
Il governo deve mettere in campo tutte le misure necessarie per difendere i cittadini.
Quello che ci deve far preoccupare è che proprio l’Italia sia il primo (e finora unico) Stato in cui siano saltati fuori episodi di utilizzo fuori dalle regole.
Oltretutto, finora, tutte le persone colpite in modo certo sono figure che:
non dovrebbero esserlo, in quanto giornalisti;
non presentano profili di rischio per la sicurezza nazionale;
guarda caso, risultano scomode al governo.
Questo scandalo rappresenta un’occasione d’oro per l’opposizione italiana, che però non si sta facendo sentire con la forza che la situazione richiederebbe. Forse il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle, avendo governato fino al 2022, hanno qualche sassolino nella scarpa e sperano che certe verità non vengano mai a galla? L’incompetenza della politica è veramente disarmante.
Secondo Scott-Railton di Citizen Lab, le autorità italiane dispongono di registri immutabili delle implementazioni dello spyware e potrebbero fornire una risposta chiara e trasparente in tempi brevi. Tuttavia, finora non è stata fornita alcuna conferma ufficiale.
Ora viene spontaneo chiedersi: quali motivazioni hanno giustificato l’avvio di attività di spionaggio contro queste persone? Perché le forze di polizia giudiziaria menzionate si sono rivelate così poco efficaci, tanto da rendere di dominio pubblico le informazioni su operazioni potenzialmente delicate?
Domande a cui speriamo, prima o poi, di avere una risposta. Quello che mi auguro è che lo Stato faccia il suo dovere con serietà e non abusi degli strumenti di sorveglianza che gli sono, giustamente, concessi. Ma soprattutto, che non siano Big Tech americane a dover smascherare gli errori commessi dalle nostre istituzioni.
Alla prossima Italiani!