La sicurezza non ha colore politico
Come superare le divisioni ideologiche e costruire città più vivibili per tutti
Buongiorno a tutti carissimi amici, dopo un sabato di assenza ritorna Aletheia con un grande ospite.
Oggi sono fiero di ospitare Carlo Giannone, candidate al Master in Public Policy presso la Harvard Kennedy School. Inoltre, Carlo lavora come Teaching Assistant per il Professor di Economia Robert Lawrence. In precedenza, ha lavorato come consulente di policy presso BCG in Medio Oriente, concentrandosi su geopolitica, investimenti esteri diretti, politica industriale ed estera, e presso FleishmanHillard a Bruxelles, focalizzandosi sugli affari pubblici. Attualmente collabora con diverse testate giornalistiche italiane, conduce un podcast italiano tra i primi 100 su geopolitica ed economia (“Finanza, Pizza e Mandolino”) ed è stato selezionato come Future Leader da ISPI, OCSE e Università Bocconi.
Si parla di sicurezza e di come debba essere una priorità per l’intero scacchiere politico. Cominciamo!
Nella piramide di Maslow, la famosa rappresentazione dei bisogni umani, la sicurezza occupa un posto fondamentale tra le necessità primarie. Senza sicurezza, nessun individuo può aspirare a costruire una vita serena e prospera. Eppure, negli ultimi anni, questo tema cruciale sembra essere stato politicizzato: da un lato, è diventato un vessillo identitario dei partiti conservatori; dall’altro, viene percepito dai partiti liberali e di sinistra come una questione di minore urgenza. Questo dualismo è non solo controproducente, ma anche pericoloso per la coesione sociale.
Secondo il Centro Italiano Studi Elettorali, oltre il 90% dei cittadini italiani considera la lotta alla criminalità una priorità. Tuttavia, gran parte degli elettori associa questa capacità ai partiti di destra e centrodestra. Tale percezione è rafforzata da dati recenti: nel 2023, i reati in Italia sono aumentati per la prima volta dal 2013. Dal 2020, le segnalazioni di minori coinvolti in rapine e lesioni dolose sono quasi raddoppiate.
La responsabilità, agli occhi dei cittadini, ricade spesso sul sindaco, indipendentemente dal fatto che la gestione della sicurezza urbana sia un compito condiviso tra il primo cittadino, il prefetto (nominato dal governo centrale) e il Ministero degli Interni. Questo pone il centrosinistra italiano in una posizione difficile, soprattutto considerando che, secondo uno studio de Il Sole 24 Ore del 2024, Milano, Roma e Firenze si trovano ai primi posti tra le città italiane più pericolose, con rispettivamente 7093, 6071 e 6053 episodi criminali ogni 100.000 abitanti.

Le forze di centrosinistra spesso attribuiscono la criminalità urbana a cause strutturali: crescenti disuguaglianze economiche e politiche di integrazione inefficaci per le comunità di immigrati. Questi punti sono validi e richiedono una seria attenzione politica. Tuttavia, come diceva Keynes, "nel lungo termine siamo tutti morti". I cittadini non possono aspettare decenni per vedere ridotte le disuguaglianze o completati i processi di integrazione.
Una donna deve poter camminare da sola in città, anche di notte, senza timore per la propria incolumità. Un turista ha diritto a utilizzare i mezzi pubblici senza rischiare di subire piccoli furti. Questi problemi non necessitano di una lunga analisi sociologica: basterebbe migliorare, rispettare e applicare le leggi già esistenti. È inammissibile che sia così semplice commettere un crimine e ritrovarsi liberi di ripeterlo pochi giorni dopo. Allo stesso modo, è inaccettabile che intere zone delle nostre città siano percepite come off-limits.
Se da un lato è indispensabile affrontare le radici della criminalità, dall’altro è cruciale agire nell’immediato. Le forze politiche di centrosinistra devono dimostrare che il rispetto delle leggi e la lotta a ogni forma di crimine sono priorità concrete e non negoziabili. Per farlo, occorre superare la polarizzazione ideologica: la sicurezza non è di destra o di sinistra, è un diritto universale. Solo lavorando insieme – con una visione integrata e bipartisan – è possibile costruire città più sicure, dove nessuno debba scegliere tra giustizia sociale e protezione personale.
Un primo passo potrebbe essere un investimento più deciso sulle forze dell’ordine, non solo in termini di numeri, ma anche di formazione. La polizia municipale, spesso sottodimensionata e male equipaggiata, dovrebbe essere rafforzata con risorse adeguate e una presenza più capillare nei quartieri a rischio. Allo stesso tempo, è fondamentale che gli operatori della sicurezza ricevano una preparazione adeguata per gestire le emergenze senza abusi e con un approccio che tuteli i diritti di tutti i cittadini.
Parallelamente, si potrebbe prendere esempio da modelli di successo internazionali. In alcune città europee, come Barcellona e Amsterdam, sono stati implementati progetti di “polizia di prossimità” che prevedono una stretta collaborazione tra forze dell’ordine, amministrazioni locali e comunità di quartiere. L’obiettivo non è solo prevenire i reati, ma anche costruire un rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni, riducendo il senso di insicurezza diffuso.
La sicurezza è un tema che dovrebbe unire, non dividere. È tempo che le forze politiche abbandonino la retorica dello scontro e collaborino per un obiettivo comune: garantire a tutti i cittadini italiani la libertà di vivere senza paura.
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