L'Europa unita è (stata) un gioco da ragazzi
Come un inestimabile e introvabile gioco da tavolo del dopoguerra ci insegnava a costruire l'Europa
Come vi avevo anticipato qualche settimana fa, Aletheia Italiana avrebbe iniziato ad ospitare contributi da altre persone perché credo che ciò possa dare un importante valore aggiunto a questa newsletter. Pertanto sono onorato di annunciare che questo Sabato a scrivere è Fabrizio Bosio.
Classe 1991, bresciano trapiantato a Roma, dopo la laurea in Giurisprudenza e la pratica forense ha trasformato la sua passione - quella per la cultura e l’educazione - in un lavoro. Tra il 2013 e il 2023 è stato assessore comunale e presidente di sistema bibliotecario, mentre dal 2020 collabora con la Fondazione De Gasperi. Ha lavorato al podcast “Le Figlie della Repubblica” ed è tra i curatori della mostra “Servus inutilis. Alcide De Gasperi e la politica come servizio”.
Buona lettura,
Niccolò
In un intervento pronunciato all’Assemblea del Consiglio d’Europa, 10 dicembre 1951, Alcide De Gasperi ebbe a chiedersi, anticipando uno dei grandi temi del nostro tempo:
Le soluzioni amministrative sono senza dubbio necessarie. […] Ma non corriamo il rischio che si decompongano se un soffio vitale non vi penetra per vivificarle oggi stesso?
Già allora lo statista intuiva come la riduzione del progetto europeo a sterili trattati ne avrebbe depotenziato la portata e forse, addirittura, segnato la fine. La creazione di un consenso popolare attorno a questa iniziativa coraggiosa fu una delle chiavi del processo a tappe forzate che, nell’arco di sette anni, pose le basi per il processo di unificazione del continente. Un processo che avrebbe potuto raggiungere risultati più ambiziosi di quelli effettivamente ottenuti se non fosse venuto meno il progetto della Comunità Europea di Difesa (CED) e con essa di una Comunità Politica Europea.
Il grande supporto a questo progetto è testimoniato dal fiorire dei comitati del Movimento Federalista, così come dalla calda accoglienza riservata da alcuni manifestati al vertice italo-francese di Santa Margherita Ligure nel 1951. La delegazione francese – capitanata dal primo ministro Pleven e dal ministro degli Esteri Schuman - e quella italiana, composta da De Gasperi e dal ministro Carlo Sforza, furono accolte da cittadini che chiedevano una costituente europea e il superamento di dogane e confini. Nel video qui sotto De Gasperi, il ministro Sforza e i francesi Pleven e Schuman sono ricevuti da quelle che potremmo definire in modo audace groupie dell’Europa unita.
Ma un esempio ancora più efficace di questo sostegno popolare e della consapevolezza allora maturata dalla società civile è il gioco da tavolo “Europa unita”, prodotto negli anni ’50 e miracolosamente giunto sino a noi in pochi esemplari.
Il percorso di questo popolare gioco – che non prevede pedine e si accontenta di utilizzare al loro posto sassolini e tappi di bottiglia – si articola in 53 caselle che contengono tra le righe sia i valori fondanti dell’Europa, sia tanti dei trattati che ne forgeranno alcuni decenni dopo le cifre principali come Maastricht e Schengen.

Attraverso le tre strade – quella dell’unificazione delle economie, degli eserciti e della politica – i giocatori devono combattere un nemico che insidia la strada per cambiare la Storia: Baffone, caricatura di Stalin, che assedia il confine orientale e attraverso la polizia, i campi di concentramento e le dogane prova ad arrestare il cammino dei popoli europei. Ma non è solo il metus hostilis ad unirli: è la consapevolezza che lo stato nazione nella sua configurazione non basta più a sé stesso. Solo in una dimensione continentale la pace, la giustizia sociale e la democrazia possono realizzarsi pienamente.
Scorrendo le caselle si percepiscono le aspettative che la società civile nutriva nei confronti del progetto europeo. Nel percorso i giocatori migliorano l’aspettativa di vita dei cittadini attraverso scambi tra atenei e una circolazione facilitata delle idee, garantiscono più sicurezza con la cooperazione tra le forze di polizia dei sei paesi fondatori, e immaginano un’economia che cresce grazie ad una moneta unica e alla scomparsa di dazi e dogane. Nelle ultime caselle viene raggiunto l’obiettivo più alto: la garanzia della pace attraverso una difesa comune.
È incredibile immaginare come gli italiani fossero allora consapevolmente europeisti, tanto da trasformare un progetto politico in un vero e proprio gioco, trascinati dall’autorevolezza e dal carisma di tre uomini – De Gasperi, Adenauer e Schuman – che avevano attraversato due guerre mondiali e sofferto la persecuzione dei totalitarismi e proprio grazie a questo vissuto volevano consegnare ai posteri un futuro diverso.
Con la fine della pausa estiva sono cominciate le settimane calde che precedono l’entrata in carica della seconda Commissione capitanata da Ursula von der Leyen. Settimane in cui andranno riempite le caselle rimaste dopo l’assegnazione dei top jobs trovando un difficile equilibrio tra gli esiti del voto europeo e le aspettative dei paesi membri. La postura con cui la politica italiana affronterà l’autunno caldo – l’ambizione è di avere per Raffaele Fitto, indicato come candidato commissario per il nostro Paese, una delega di primo piano nonostante il mancato sostegno di Meloni a un von der Leyen bis – dimostrerà probabilmente quanto lontani siano i tempi di un impegno sincero, generoso e convinto per l’Europa.
Nel corso del tempo da orizzonte a cui puntare l’Unione è diventata il capro espiatorio delle scelte difficili – ma spesso necessarie – che l’Italia ha rimandato all’infinito. Il mantra “Ce lo chiede l’Europa” ha lasciato spazio ad uno scetticismo sempre più aperto, alimentato dalla caccia al consenso del leader di turno desideroso di assecondare la pancia dell’elettorato. Un’abdicazione al ruolo della politica che invece dovrebbe immaginare il domani, costruendo attorno a questa visione sia il consenso popolare, sia gli strumenti giuridici per realizzarla. Mino Martinazzoli, ultimo Segretario della Democrazia Cristiana, sosteneva che: “Non c’è politica senza idea di futuro”. E la dimensione europea – confinata in pochi minuti di notiziario e semplificazioni improvvide – è la dimostrazione più efficace di come la politica sia ridotta ad evento, forse addirittura a post social.
Lo svanire di quella consapevolezza popolare, così diffusa e testimoniata dal gioco da tavolo, lascia sul tavolo una domanda: quando la politica italiana ha smesso di credere alla Nostra Patria Europa?
Alla prossima Aletheia, avanti tutta!