L'inizio dell'era Deregulation
Il vento è cambiato e i partiti italiani non possono più difendere l'ordine costituito
Ho lanciato questa newsletter ormai nell’aprile dello scorso anno e non mi sono mai presentato per i nuovi iscritti, ho notato che i newsletterati forti lo fanno.
Mi chiamo Niccolò Mazzocchetti, marchigiano purosangue trapiantato a Bruxelles e nella vita normale mi occupo di affari europei, public affairs come diciamo qui.
Aletheia Italiana è la politica vista attraverso le lenti di un primo-repubblicano del nuovo millennio. Ho iniziato a scrivere perchè non mi piace il modo con cui viene guardata la politica oggi, come qualcosa di scadente, un teatrino.
Ho sempre pensato che le ideologie contano e che la politica debba essere fatta dai politici. La politica è anche un mestiere.
In questa newsletter cercherò di portarvi analisi di maggior respiro, tempo e capacità permettendo.
Oggi parliamo di deregulation, via!
Lo leggiamo un po’ dappertutto, la parola d’ordine di questo periodo storico in Europa è ‘deregolamentazione’, in inglese ‘deregulation’. Sarà vero anche per l’Italia?
Per Mark Zukenberg, il fondatore di Facebook aka Meta: “L’Europa ha un numero sempre crescente di leggi che istituzionalizzano la censura e rendono difficile costruire qualcosa di innovativo lì”.
Sebbene, onestamente, io mi senta libero di dire tutto quello che voglio, l’over-regulation è un problema reale e riconosciuto da molti anni in Europa, non serviva di certo Zurkerberg per riconoscerlo.
Tutti i più importanti documenti di indirizzo politico a livello europeo ora mettono al centro la Competitività, che si traduce poi in “tagliare, tagliare, semplificare”.
Nel documento del Partito Popolare Europeo sulle priorità politiche del 2025 è emerso che il PPE, il partito cardine a livello UE, presenterà “un piano d’azione per ridurre la burocrazia esistente ed evitare nuovi oneri burocratici, applicando rigorosamente il principio “uno dentro – due fuori”. Per ogni norma in più, due verranno cancellate. Facile no?
Oltre al rapporto Draghi che diagnostica questa grave malattia che colpisce gli apparati comunitari, vorrei portarvi come esempio un interessante articolo di ECIPE, lo European Centre for International Political Economy, del Settembre 2024.
L’articolo evidenza, molto semplicemente, come l’Unione Europea continui a produrre una mole sempre crescente di regolamenti e direttive, spesso “stratificando” nuove norme sopra a quelle già esistenti, anziché semplificarle o sostituirle. Tutto ciò va di pari passo con la crescita del numero degli articoli e della parola “shall” che indica il rispetto di un obbligo.
Questa tendenza sarebbe stata alimentata sia dall’urgenza di rispondere a sfide sempre nuove come la digitalizzazione e la (defunta) transizione verde, sia dall’ambizione dei legislatori europei di disciplinare in modo dettagliato ogni ambito economico e sociale.
Un po’ come il regolamento antifumo a Milano che, per carità, avrà anche nobili motivazioni ma la norma sembra quanto meno draconiana.
Qual è il rischio?
Sostanzialmente, un quadro normativo eccessivamente complesso o in continua evoluzione rischia di rallentare l’innovazione, disincentivare gli investimenti e appesantire ulteriormente le piccole e medie imprese, che spesso non dispongono delle risorse necessarie per adeguarsi rapidamente a normative sempre più numerose e dettagliate. Mentre le grandi imprese semplicemente spostano i propri stabilimenti.
Il report Draghi è stato chiaro su questo: regolare meno per regolare meglio.
E in Italia?
Il governo guidato da Giorgia Meloni, in carica dall’ottobre 2022, non ha varato un vero e proprio “piano di deregolamentazione” in senso stretto (come a volte accaduto in altri Paesi), ma ha comunque introdotto o annunciato interventi che mirano a semplificare e/o snellire alcuni settori (si spera), in parte anche per rispondere alle riforme previste nel PNRR.
Ecco alcuni esempi di misure rilevanti:
Nuovo Codice degli Appalti (2023): Approvato a metà 2023, è stato presentato come un provvedimento che punta a velocizzare e semplificare le procedure per gli appalti pubblici, riducendo tempi e passaggi burocratici. Sebbene non elimini del tutto i vincoli (l’UE richiede trasparenza e concorrenza), introduce forme di affidamento più rapide e amplia le soglie sotto cui è possibile procedere con gare semplificate.
Decreto “Milleproroghe” e altri provvedimenti di fine anno: Anche il consueto Decreto Milleproroghe include diverse misure di “slittamento” o alleggerimento di scadenze per imprese e Pubblica Amministrazione. È una pratica ricorrente di tutti i governi italiani, più che una specifica politica di deregolamentazione.
Decreto Lavoro (maggio 2023): Ha introdotto modifiche in materia di contratti a termine e sicurezza sul lavoro; nella parte relativa ai contratti, c’è un leggero allentamento dei vincoli sulle causali (ossia le motivazioni che giustificano il contratto a tempo determinato), in alcuni casi demandate alla contrattazione collettiva. Non si tratta di una liberalizzazione completa del mercato del lavoro, ma è comunque una forma di semplificazione rispetto alla disciplina precedente.
Misure di semplificazione per il PNRR: Varie norme “spot” (ad esempio nei Decreti “Semplificazioni” e nei decreti collegati alla realizzazione degli obiettivi del Piano) mirano a ridurre i tempi autorizzativi per grandi opere, transizione ecologica, investimenti in infrastrutture. In molti casi non si parla di deregulation totale, ma di procedure più snelle come la conferenza dei servizi “accelerata” o l’estensione dell’autocertificazione per alcuni procedimenti.
Misure su energia e ambiente: Alcuni provvedimenti legati al rilancio della produzione energetica - come il ritorno al carbone in fase emergenziale o la semplificazione per impianti di energia rinnovabile - potrebbero essere visti come un allentamento di vincoli ambientali, ma, di fatto, la normativa europea in materia rimane stringente. Più che deregolamentare, il governo sta cercando di velocizzare le pratiche autorizzative (ad esempio, per l’installazione di impianti fotovoltaici).
Che cosa ci dimostrano questi esempi? Che siamo ancora molto lontani nel parlare di deregulation. Non c’è stata una singola misura di “deregulation” ampia e trasversale. Tutti i casi espongono semplificazioni o scorciatoie per la normale amministrazione senza nessuna visione di lungo periodo.
L’attuale situazione internazionale però solleva una questione.
Giorgia Meloni, unico leader europeo presente alla cerimonia di inaugurazione di Donald Trump, si allineerà quindi alla visione trumpiana (o muskiana?) favorevole alla deregulation?
Vedremo. Onestamente, lo credo poco.
Nessuno in Italia la vuole realmente. La maggioranza dei parti sia a destra che a sinistra preferiscono lo status quo e battagliare su temi singoli e poco incisivi. Meglio parlare dei problemi della Santanchè o di che fine abbia fatto Lollobrigida. Spoiler alert: è sparito.
Ciascuna forza preferisce “difendere” il proprio elettorato di riferimento, nella speranza di potersi fare portatori di questa o di quella categoria. Dai Taxi ai Balneari fino ai poveri rider. I partiti più favorevoli a liberalizzazioni e deregolamentazioni in Italia in questo senso, come Azione o più Europa, hanno percentuali di consenso nulle.
Eppure, se la ventata taglia-leggi, dovesse spirare fino in Italia, i partiti di destra e centro-destra potrebbero esserne travolti. A questo punto forse si potrebbe intravedere uno spiraglio nell’oblio imprenditoriale in cui è caduto questo Paese. Qualcuno, magari, potrebbe tornare a reinvestire in Italia.
Il (fu) estremista Milei ora viene osannato da più parti, la motosega sta facendo vedere i suoi primi effetti. Chissà quando inizieremo in Italia ad eliminare i privilegi precostituiti e a livellare il piano di gioco per tutti. Speriamo presto.
interessante articolo ! Ho iniziato a leggere perché ho visto la foto del mio presidente qui; la sua politica economica in Argentina non è per nulla simile a quella che pianifica trump ( e come dici tu, all’ attuale legislazione italiana)
Vediamo cosa accade ora che “Donaldo Is back”