Vi giuro che volevo fare la seconda newsletter portando un tema positivo, se così si può dire, non contro qualche lista elettorale o qualcuno. Spoiler: intento fallito.
Ebbene sì, come avete inteso dal titolo, parliamo di Mario Draghi. Non della sua persona in particolare, ma di ciò che rappresenta.
Premessa importante: massimo rispetto per l’ex Presidente del Consiglio, un uomo dalla competenza senza eguali in Europa e con una postura istituzionale che per i nostalgici della Prima Repubblica, come me, suscita una certa emozione.
Ora è al centro dell’attenzione in quanto viene proposto da più parti come prossimo presidente del Consiglio Europeo o della Commissione Europea. Draghi sta redigendo il “rapporto sul futuro della competitività europea” che presenterà a giugno. Nella giornata di martedì ha anticipato qualche dettaglio.
Cito testuali parole: “Dobbiamo raggiungere una trasformazione dell'economia europea, dobbiamo essere in grado di fare affidamento su un sistema energetico decarbonizzato affidabile, una difesa integrata europea, una produzione domestica nei settori più innovativi e una posizione leader nella produzione tecnologia”. Insomma basta scherzare, qui ci si gioca il futuro.
Ora è chiaro che di soluzioni innovative e radicali Draghi se ne intende. Prima il bazooka e ora le proposte per la rivoluzione dell’UE.
Ma c’è una cosa che a mio avviso deve essere chiara. I tecnici devono fare i tecnici e i politici devono fare i politici.
Con questo voglio dire che Draghi non dovrebbe ricoprire la carica di Presidente del Consiglio Europeo o della Commissione, nonostante ne abbia le credenziali in quanto ex primo ministro, perché non è mai stato candidato e mai lo sarà.
La politica è sangue e merda come disse Rino Formica e per ricoprire posizioni di rilievo bisogna metterci la faccia, cioè passare per l’elettorato. Comprendo che spesso i nomi vengono lanciati sulla piazza per mancanza di alternative o per bruciarne effettivamente l’ascesa, ed è forse questo il caso, ma utilizzare nomi di tecnici per questo scopo denota un basso standing politico.
Ed è chiaro che nessuno voglia spendersi in prima persona in questo momento. Prendiamo il caso Von Der Leyen, Spitzenkandidat ufficiale del PPE. Certamente la Presidente ha le sue colpe, ma non appena ha annunciato la sua candidatura, è stata ricoperta da scandali e polemiche (cercate PfizerGate e PieperGate se siete interessati) . Inutile dire che la sua riconferma sembra al momento in bilico.
Tutte le soluzioni proposte da Draghi sono ampiamente condivisibili. E la colpa della sua candidatura in pectore non è nemmeno la sua, ma di chi lo propone o di chi ha reso i tecnici la soluzione, quando la politica non riesce a trovarne. La tendenza a discreditare la politica a favore della tecnica è odiosa e ne siamo bombardati giornalmente.
Per avere una visione coerente del futuro e fare scelte nella stessa direzione bisogna avere una ideologia di fondo, e questa deve essere chiara ma sopratutto votata (anche indirettamente). Insomma, bisogna dire da che parte si sta. Nascondersi dietro il velo della tecnica non farà altro che distanziare i cittadini dalla politica o al contrario dare maggiore visibilità a chi ha le idee chiare, anche se guardano eccessivamente al passato.
Ora, siamo tutti d’accordo che tecnicamente i Presidenti di Commissione o Consiglio non vengono votati dai cittadini ma nominati - per super-sintetizzare la procedura - ma ciò non toglie che il requisito di una legittimazione politica, una appartenenza partitica, siano necessari, a mio modestissimo parere.
A questo punto una domanda mi sorge spontanea: ma per chi vota Draghi secondo voi?
Spero che questa newsletter vi sia piaciuta, alla prossima!