Ri-finanziamo i partiti
I paletti al finanziamento privato siano rivisti e il pubblico rimesso in piedi
Questa newsletter non si occuperà mai di argomenti di stretta attualità. Altra cosa è prendere spunto da essa per cercare di fare riflessioni di più ampio respiro.
Non ci interessa sapere se Toti è colpevole o no, quello che ci dovrebbe interessare è capire il rapporto tra finanziamento pubblico, finanziatori privati e Partiti, con annessa fragilità di questi ultimi.
La politica costa si sa, anche in Italia. Siamo lontani dalle cifre astronomiche americane (il comitato di Biden ha raccolto 209 milioni di dollari), ma un seggio all’europarlamento può arrivare a costare fino a 200 mila euro. E qui si apre un’altra questione. Se il finanziamento pubblico diretto ai partiti non esiste, le spese spesso vengono sostenute dai singoli che diventano così ancor più vulnerabili a influenze esterne.
Il caso italiano è certamente un’anomalia. Nei maggiori Paesi europei il finanziamento pubblico ai partiti esiste e sembra anche funzionare. Noi ci portiamo appresso gli strascichi di Tangentopoli. Disclaimer: per questa newsletter Mani Pulite è una delle più grandi disgrazie capitate alla Repubblica. Sono nato quasi nel nuovo millenio, ma resto pur sempre primo-repubblicano.
Ecco allora che ripensiamo subito al discorso di Craxi in parlamento (lo so che c’è qualcuno fra voi che ogni tanto lo riguarda). Che cosa hanno prodotto questi anni di anti-politica? Partiti liquidi, inesistenti potremmo dire, senza strutture in grado di esprimere una classe dirigente. Elettorato ancor più fluido. In ultimo, una politica ad apannaggio dei più ricchi o di chi è in grado di trovare finanziamenti. Ed eccoci al discorso iniziale.
Finanziare i Partiti con denaro pubblico di certo non risolve possibili illeciti, ma gli dà la possibilità di essere certamente più resistenti e indipendenti. A questo si aggiunge anche il finanziamento dei centri studi legati ai partiti, necessari affinché i partiti possano costriuire proposte solide.
Il finanziamento dà inoltre un’altra grande possibilità, sopratutto per noi giovani (chissà se rientro ancora in questa categoria): le scuole di partito. Frattocchie e Camiluccia sono nomi che per molti di voi non significheranno nulla ma sono i nomi delle scuole con cui, rispettivamente il PCI e la DC, hanno formato le classi dirigenti del passato. Esistono varie scuole di politica in Italia, mi sento di menzionare la Scuola della Fondazione de Gasperi alla quale ho partecipato e alla quale sono legato. La maggior parte di queste, tuttavia, non è legata ai partiti. No Atreju, non è una scuola.
Tecnicamente, forme di finanziamento pubblico esistono ancora ma implicano una scelta privata. Infatti sia il Due per Mille che le erogazioni liberali sono soldi che in alternativa andrebbero allo Stato. Il risultato qual è? Partiti come Italia Viva ed Azione, che hanno un appeal su fasce più abbienti, ricevono donazioni maggiori in termini relativi. Il che ci porta all’assurdo: con questo sistema un partito che tecnicamente ha delle posizioni più vicine ai poverissimi, potrebbe non ricevere nulla.

Insomma le discussioni su possibili rischi non hanno alcun senso se i partiti non hanno la possibilità di vivere autonomanente e magari iniziare a riaprire (in un futuro remotissimo) sedi territoriali.
Per quanto riguarda il finanziamento privato, diamo un attimo un’occhiata alla normativa.
La legge disciplina sia le erogazioni verso i partiti che verso i candidati per competizioni elettorali. Nel caso dei partiti, vi sono alcune limitiazioni che riguardano esclusivamente le società, per esempio se la società ha una partecipazione pubblica sopra al 20%. Non vi sono limiti di importo. Tuttavia, sopra ai 5000 euro sono richieste dichiarazioni aggiuntive. Ora mi domando: questa cifra è congrua? Perchè 5000? Il limite iniziale era stato impostato a 50 mila, diciamo un valore più coerente. Impostare limiti non ha senso, tutte le erogazioni ai partiti siano tracciate alla stessa maniera, secondo un registro trasparente.
Quando si parla di spese elettorali, i partiti “non possono superare la somma risultante dalla moltiplicazione dell’importo di 1 euro per il numero complessivo dei cittadini iscritti nelle liste elettorali delle circoscrizioni”, dice la legge.
Invece per i candidiati, non è possibile superare l’importo massimo di spesa derivante dalla somma della cifra fissa di euro 52.000 e 0,01 per ogni cittadino residente per le nazionali e 38.802,85 e 0,0061 a cittadino per le regionali. Le elezioni europee e comunali non hanno limiti da rispettare.
Signori, ditemi voi che cosa hanno fatto di male i candidati regionali rispetto agli aspiranti sindaci. Io fatico a trovare una ratio. Bisognerebbe aggiustare queste cifre all’inflazione o all’indice dei prezzi al consumo, così tanto per spararla grossa.
Inutile dire che questi paletti, sono l’anticamera dell’illegalità.
Buon sabato a tutti, alla prossima!